lunedì 27 settembre 2010

Ecologia Sociale: un nuovo orizzonte per una nuova Società


La tecnologia ha ormai raggiunto un livello tale di perfezione qualitativa, che può liberare l’uomo dalla “schiavitù” del lavoro manuale, ma sicuramente una società divisa in classi non è in grado di sfruttare le proprie potenzialità tecnologiche per fini diversi dallo sfruttamento e dall’oppressione. Critical Food auspica la realizzazione di una società fondata su rapporti diretti e non gerarchici tra gli uomini, grazie all’utilizzo delle possibilità offerte dalla moderna tecnologia.  Risulta quindi evidente che l’utilizzo della tecnologia non deve basarsi sulla divisione nazionale del lavoro esistente , ma su un sistema di produzione su scala ridotta, strutturato su scala umana, e su una nuova organizzazione industriale che ponga le decisioni economiche nelle mani delle comunità locali.
Questo tipo di organizzazione industriale pone tutte le decisione economiche nelle mani della comunità locale. Nella misura in cui la produzione materiale viene decentrata e resa locale, si assicura il primato della comunità sulle istituzioni nazionali.
Possiamo così trasferire il centro del potere economico da un livello nazionale ad un livello locale, e da forme burocratiche accentrate alle assemblee popolari locali. Questo trasferimento costituirebbe un mutamento rivoluzionario di vaste proporzioni, poiché creerebbe le potenti basi economiche della sovranità e della autonomia della comunità locali.
Una qualsiasi visione ecologica,infatti, deve porsi come obbiettivo una trasformazione radicale della società e dei rapporti sociali, deve eliminare le cause del dominio dell’uomo sull’uomo, che sono alla base del dominio dell’uomo sulla natura.
Ecologia deve essere sinonimo di Ecologia Sociale; la stessa idea di dominare la natura deriva dalla dominazione dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulla donna, del vecchio sul giovane, di un gruppo etnico sull’altro, dello Stato sulla Società, della burocrazia sull’individuo, così come di una classe economica sull’altra, dei colonizzatori sui colonizzati. Se non interverremo modificando anche i rapporti molecolari all’interno della società – tra uomo e uomo, tra uomo e donna, tra adulti e bambini, tra gruppi razziali diversi, tra etero e omosessuali, ecc – il problema della dominazione resterà immutato anche in una forma sociale “senza classi” e “senza sfruttamento”. Finché durerà la gerarchia e finché la dominazione organizzerà l’umanità in un sistema elitario, l’obbiettivo del dominio sulla natura non verrà mai abbandonato e condurrà inevitabilmente il pianeta all’estinzione ecologica.
La natura, non è un oggetto da dominare, non è “crudele” ma in essa sono riscontrabili rapporti mutualistici tra le varie specie animali. Solo l’uomo ha creato istituzioni volte a perpetuare il dominio, l’oppressione, nei rapporti sociali.
A rigore la società sarebbe da intendersi come un fenomeno umano non naturale. La vita sociale umana è costituita da una pletora di istituzioni chiaramente definibili che non hanno un parallelo in natura – monarchie, repubbliche, democrazie, organi legislativi, tribunali, forze poliziesche e militari, e cosi via – che differiscono dalle comunità naturali non soltanto per la loro apparente complessità, ma anche per la loro accurata intenzionalità.
Se esistessero criteri per determinare qualche tipo di stratificazione autoritaria nel mondo animale non potremmo trovare un termine più adatto di “gerarchie” per spiegare il sistema di stratificazione del genere umano.
L’Ecologia Sociale si pone come obbiettivo una radicale trasformazione della società ,che ponga le basi di un nuovo rapporto armonico con la natura. Si critica la visione ambientalista diffusa in molti movimenti ecologisti che si interessano soltanto di adottare interventi di facciata per affrontare i problemi ecologici, senza porsi il fine di una radicale trasformazione sociale, unica soluzione per scongiurare il rischio di ecocatastrofe. La società ecologica deve invece erigersi su comunità decentrate a misura d’uomo, sul superamento di ogni forma di domino e di rapporto gerarchico, sull’utilizzo di una tecnologia ecologica e su una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita politica, grazie alla pratica della democrazia diretta. Quindi attraverso un recupero della visione della politica degli antichi ateniesi, per i quali la parola politica voleva dire gestione della polis, delle città, una democrazia che si basi sul governo diretto della società, tramite assemblee dei cittadini. Tale governo e ritenuto l’unico che può instaurare un rapporto di equilibrio con il mondo naturale.
Risulta necessaria la formazione di una nuova politica che si basi su una sfera pubblica di base estremamente partecipativa, a livello di paese, di villaggio, di quartiere, e che si concretizzi con la formazione di una confederazione di municipalità, che si ponga in opposizione alla crescente centralizzazione del potere.

sabato 25 settembre 2010

Dalle sensibilità planetaria alla rivoluzione dei consumi... e viceversa

Ecologia sociale e Anarchia/ Critical Food è un’iniziativa che parte dalla materialità della terra per concepire e creare forme diverse di produzione e consumo. Non solo, è anche un forcone terragneo piantato dritto al suo obbiettivo: sovvertire le catene di distribuzione e commercializzazione dei beni, ridurre la distanza alimentare, svelare le modalità di privazione della sensorialità che si sviluppano a livello globale mediante l’espropriazione dei produttori e l’idiotizzazione dei consumatori.

La Terra, la terra, la Terra, la terra, la Terra? Il cibo frutto della terra e del lavoro dell’uomo; compagno dialettico che ci riporta alla terra e ci invita alla comunanza e ad altri modi percettivi; intercessore privilegiato uomo/terra.
Dal cibo siamo voluti partire, dal piatto che arriva sulla tavola, dal cibo che mangiamo, per compiere un percorso a ritroso: che ci porti a chi il cibo lo trasforma, a chi lo produce, a chi coltiva gli ortaggi. Vogliamo farne uno strumento di conoscenza, che dal piacere, dal gusto, da un approccio personale soggettivo, ci porti ad affrontare temi che riguardano tutto e tutti. Vogliamo ragionare di contadini e di lavoro contadino, di terra e di ambiente, di come e cosa produce l’agricoltura.
E seguendo un filo del discorso che si dipana sempre più, discutere insieme di prodotti dei campi, di tutela della biodiversità, di varietà ormai rare sacrificate sull’altare del Mercato, dell’omologazione del gusto, di un’agricoltura in armonia con l’ambiente e di un’agricoltura industriale che divora l’ambiente. E, ancora, ragionare sulla qualità, sul prezzo dei prodotti che consumiamo, sul tempo che dedichiamo al loro acquisto e alla loro preparazione.
Svelare le contraddizioni, mettere assieme cose apparentemente distanti, cercare connessioni per una sensibilità ricombinante.
I prodotti della terra dobbiamo valorizzarli, esigendo di sapere origine e trasformazione. In questa maniera difenderemo la biodiversità e metteremo un bastone tra le ruote di multinazionali e grande distribuzione, che altro non vogliono che l’attuazione del principio dell’”ultima trasformazione sostanziale”, ossia la standardizzazione dei frutti della terra. Proprio per questo, se può essere criticabile ogni industria, quella agroalimentare è una vera e propria aberrazione da abolire.
Il rapporto tra saperi e sapori rischia, come tante altre cose della nostra esistenza, di scivolare nel laboratorio di marketing dell’industria agroalimentare contemporanea, la quale cerca di surrogare la distruzione metodica, progressiva, scientifica dei sapori della vita presentando i suoi prodotti come “commestibili”. Più che un legame, l’insistenza su saperi e sapori della propaganda dell’industria agroalimentare contemporanea denuncia una discrasia, un antagonismo profondo, il definitivo compiersi di un divorzio sospettato da tempo tra produzione e cultura.
La sensibilità planetaria è atto di resistenza contro la distruzione dei sapori, contro l’annichilimento dei saperi ma anche contro la deprivazione sensoriale che porta all’ottundimento delle nostre facoltà di udire, di vedere, di tastare, di gustare, di annusare… e quindi pensare.

Critical Food con la sua radicalità e dimensione politica vuole mettere in relazione produzione e comunicazione, sollecitando un “circuito virtuoso” anche con le esperienze apparentemente lontane, per sperimentare connessioni creative.
Analisi economica, sociologica, inchiesta di rottura, poesia e altri accostamenti curiosi… l’idea di comporre gli interventi di Ecologia Sociale e Anarchia/ Critical Food nasce dalla volontà dei contrasti, per creare frizioni che producano scintille creative, per il desiderio di ri-ruralizzare il mondo partendo da una nuova sensibilità che ci fa percepire la terra come casa propria, contro l’attaccamento conservatore, contro il rapporto razzista sangue-suolo di infausta memoria, oseremmo dire, con un ossimoro concettuale – per un’agricoltura nomade, per un rapporto nomade con la terra: sentirsi a casa propria in ogni luogo della terra, su ogni zolla di terra.
Un’idea che viene da lontano. Forse qualcuno ricorda ancora quel canto proletario dell’Ottocento: “nostra patria è il mondo intero, nostra idea la libertà”. Per un futuro di gioia, creatività, intelligenza.

giovedì 9 settembre 2010

Work in progress...

stiamo lavorando per voi... ;-P

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